si sentiva inerme; malediceva interiormente le impietose leggi della fisica. Un furore cieco gli si dipinse in volto e gli invase le membra. Strinse i pugni quasi a farli scoppiare, si piegò sulle ginocchia e saltò con tutte le sue forze verso l'enorme rapace... E accadde l'impossibile. Il suo corpo saettò in avanti a velocità inaudita, come se un'incontenibile forza invisibile lo muovesse dall'interno. In un batter d'occhio, si trovò avvinghiato al possente animale e sospeso nell'abisso. Ma non aveva più paura: con una mano stringeva l'aquila per il collo e con l'altra era quasi su quella di suo fratello, che lo guardava dal basso e gli sorrideva...
In quel preciso istante, Marco aprì gli occhi, si alzò con un guizzo e, tiratosi via il lenzuolo, si sedette nervosamente sul bordo del letto. Era stanco, e un confuso senso di angoscia lo avvolgeva da capo a piedi. Non era la prima volta che quel sogno e quell'aquila gli facevano visita nella notte.
Ma la cosa più strana era che a ripensarci così, da sveglio, il maestoso e terrificante animale non sembrava veramente cattivo, né infastidito dall'assalto di Marco. Il vero nemico pareva nascondersi altrove,
minaccioso e orrendo, nell'oscurità. |