Ogni volta, nel sogno, mentre egli, dal dorso dell'aquila, cercava di raggiungere la mano del fratello, si sentiva addosso uno sguardo malvagio che lo puntava da lontano e ne seguiva attentamente e ossessivamente i movimenti. Al tempo stesso, però, avvertiva intorno a sé una misteriosa presenza che infondeva serenità e coraggio e che capiva essere in qualche modo collegata sia all'aquila che a Tommaso. Questa presenza non aveva forma o corpo alcuno ma, durante il giorno, non di rado restava impressa nella memoria di Marco l'immagine sbiadita – o era solo un'idea? – del viso di una donna che gli sorrideva.
Marco rimase seduto sul letto ancora per qualche minuto lasciandosi cullare dalle note del pianoforte che avevano il potere di calmarlo e di guidarlo nel lento ma inesorabile ritorno alla realtà. Tommaso non c'era più, ormai da tempo. Quella era l'unica realtà; e non c'era niente ch'egli potesse fare. Era meglio farsi forza, e pensare piuttosto alla scuola. Erano ormai quasi le sette e quaranta, e mancavano poco più di venti minuti al suono della campana e al temibile compito di italiano, l'ultimo dell'anno scolastico: non aveva un |